IL PRIMO BACIO FA SCHIFO
Se il primo amore è quello che non si scorda mai, non è detto che il primo bacio segua la medesima sorte...
Il 2008 ci ritrova a portare in giro per l'Italia la nostra seconda antologia, che aveva visto la luce pochi mesi prima, e non troppo distante da Al di là del fegato. Allo stesso tempo ci incontra più maturi, più addentro al funzionamento delle cose del mondo della narrativa, e più in generale anche più adulti e basta. Non siamo più studenti scapestrati con tanto tempo libero, ma giovani uomini che si incontrano nelle pause pranzo del lavoro. Impariamo a conoscere tutte le tavole calde alla buona di Roma Est, con le nostre pile di fotocopie con i racconti da selezionare o scartare, e ci crediamo grandi intellettuali bohemienne a discutere di letteratura in questo contesto, poi origliamo accanto a noi magistrati che parlano di sentenze della Cassazione e veniamo rimessi in riga, come è giusto che sia.
Il primo bacio fa schifo raccoglie dunque i primi frutti di una certa maturità concettuale, un'unità narrativa pur all'interno di un lavoro antologico, in un periodo in cui approfondiamo discorsi sull'editoria a pagamento e urgenza del raccontare. L'argomento portante dei racconti si va a unire a illustrazioni che vogliono affiancare una ventata di freschezza alla parola scritta.
Così idealmente partiamo dall'opera di Edvard Munch Il bacio, nella quale il pittore norvegese rappresenta quel momento fatidico all’interno di una grande narrazione ciclica: sono volti nascosti nell’ombra di un abbraccio sensuale e triste, corpi avvolti su se stessi, indistinguibili, avvinghiati in quella che pare una lotta in preda a una passione struggente e malinconica. Le due figure sono nettamente decentrate, contro ogni canone compositivo tradizionale, letteralmente sospinte verso il margine destro del quadro, ad accentuare un senso di furtività che tutto l’insieme sottolinea ed esaspera: le forme indistinte delle due figure sfumano dal blu al nero verso una zona d’ombra assoluta che si perde oltre il limite della tela.
Il riconoscimento dell’io da parte di un altro è l’elemento su cui si fonda ogni possibilità dell’esperienza umana. L’essere confermati come altro da sé è momento unico e irripetibile, in cui il corpo rappresenta la vita stessa nell’immediatezza della visibilità fisica come nella comunicazione verbale.
È infatti indubbio che la parola assuma da sempre un ruolo fondamentale nella continuità e nel cambiamento sociale: su questa regola si fondano i miti antichi e la nuova mitografia contemporanea, sulla forza del racconto e la possibilità che hanno i corpi di raccontare si fonda la nostra stessa vita, una civiltà non raccontata è una civiltà che non esiste.
L’utilizzo delle nuove tecnologie s’inserisce in questo discorso come lama nel burro, il corpo sembrerebbe pian piano venire escluso dal contatto, dal raccontarsi e dal raccontare. Eppure è sul nostro corpo che il dolore scrive il suo enigmatico linguaggio ed è attraverso il corpo che mostriamo la trama delle nostre giornate.
Questa seconda antologia TerraNullius narra infatti di corpi, di figure schive, in bilico tra realtà analogiche e un depresso astrattismo digitale. Sono corpi vilipesi, raggianti di battiti eppure tristi e meschini nelle loro provinciali avventure.
Ventiquattro testi e venticinque illustrazioni, ogni racconto viaggia verso un universo a se stante che a ogni inizio di pagina sembra nascere per una seconda volta. Una raccolta in cui ancora una volta dimorano alcune delle migliori voci del sommerso letterario italiano.
Sappiamo che il bacio molto probabilmente deriva dall’uso della madre di passare piccoli bocconi ai figli in fase di svezzamento, è un’azione tipica degli esseri umani e si presenta all’era contemporanea come alcova del rapporto tra i corpi e graal dei più genuini sospiri.
Ecco, è questa l’immagine che i nostri autori vogliono debellare, talvolta con la brutalità di un conato, altrimenti con la dolcezza di un sospiro, a volte ancora con la durezza di un male incurabile. I corpi di queste storie sono nettamente decentrati, la materia di questa antologia produce un concetto contrario a ogni canone compositivo tradizionale. Sono manichini nudi e spavaldi, eroi gagliardi di una mitografia che sembra, talvolta, essere specchio assai verace del reale.
Le illustrazioni dell'antologia (alcune riportate in questa pagina) sono di Toni Bruno.