“Formalmente il romanzo è forse lontano dalle nostre forme letterarie: non ha, nel discorso, l’eleganza solenne di molti nostri scrittori, o, specie nel dialogo, la loro ancor tradizionale compiutezza sintattica. Non si ricollega, insomma, né al Manzoni, né al D’Annunzio, né al Verga. Ma intimamente, spiritualmente, lo vedrà bene il lettore, è libro italiano come pochi libri di lingua italiana lo sono. Italiano è il sentimento che, di vertebra in vertebra, lo percorre. Sofferenza italiana, gioia italiana, l’una e l’altra all’estremo, vibrano nelle sue pagine.”
Valentino Bompiani si aggira stranito tra le pagine iniziali della prima edizione italiana di Christ in Concrete, romanzo dell’italo-americano Pietro di Donato: la sua casa editrice ne ha appena acquistato i diritti, il titolo è mutato in Cristo fra i muratori.
La copertina è stata cambiata, l’originale americano porta simboli molto simili alla falce e martello, è una copertina pericolosa nell’Italia Fascista, lo sa bene l'editore che riesce ad attraversare un ventennio arricchendosi senza farsi male. E nella nota editoriale fa più o meno lo stesso tipo di epurazione: prende distanza dalla lingua “non elegante” e “incompiuta sintatticamente” del romanzo, eppure ne esalta l’italianità. Italiana è la sofferenza, la gioia.
Valentino Bompiani nel 1941 ha per le mani un capolavoro, il capolavoro della classe operaia, il più grande romanzo proletario e di denuncia civile e sociale dell’America del Nord, eppure finge di non saperlo. Occorre ricordare che lo stesso editore, solo alcuni anni prima (1934), si apprestava ad avviare la prima operazione di editoria a pagamento su larga scala in Italia stampando il Mein Kampf di Adolf Hitler, grazie alle sovvenzioni del Ministero degli Esteri di Mussolini.
Cristo fra i muratori, recentemente riportato alle stampe dai tipi di Readerforblind, è uno dei libri che hanno preso voce alla Festa delle Narrazioni Popolari. Ne rimane traccia nella corposa rassegna stampa che TerraNullius ha saputo attirare, ne rimane traccia nel lungo tributo che in una delle serate lo scrittore Sandro Bonvissuto (curatore della nuova edizione) e il giornalista Amedeo Di Nicola hanno saputo rendere a questo capolavoro. Ne rimane traccia sui muri di Civitaretenga, lì dove TerraNullius ha iniziato a seminare i germogli di uno spazio creativo e di inclusività, un governo provvisorio delle narrazioni che comunica alle genti anche attraverso francobolli postali che ricoprono le pareti. Uno di quei francobolli riporta alla luce quella copertina che Bompiani dovette evitare nel 1941: una pala e un piccone legati da una corona di spine vi attendono all’ingresso del paese. È la seconda opera muraria eseguita da Mirko Pierri di a.DNA, il secondo di una serie di murales che crediamo possano continuare a far parlare i muri di questo borgo bellissimo.
Sono tracce, tracce che raccontano la nostra idea di letteratura e di narrazione: abbiamo voluto così festeggiare i venti anni di TerraNullius, scegliendo, ancora una volta, da che parte stare. Non credo ci servirà scomodare Antonio Gramsci, basterà tornare a sostenere che le narrazioni, la letteratura, le arti visive, appartengono al popolo, in esse il popolo troverà la forza, la gioia, la sofferenza, la solitudine, il motivo stesso del vivere.
Con questa idea nel cuore abbiamo realizzato il nostro festival, o meglio la nostra “festa”, concentrandoci sul territorio che ci ospitava, sui libri e le storie che lo avevano attraversato.
Guardavamo le gru sovrastare il Ghetto di Civitaretenga, una lenta ricostruzione che dal 2009 tenta di riportare questo borgo alla sua bellezza originaria, chiedendoci se anche le narrazioni possono favorire la rinascita dei territori. La Festa delle Narrazioni Popolari ci ha innanzitutto aiutato a capire cosa è TerraNullius dopo venti anni, a capire meglio chi siamo, e, anche qui, la scelta è stata politica. Si tratta di “Narrazioni Popolari”, di una funzione fondamentale per la collettività. Assistiamo spesso a un modello ombelicale: le famose comunità dei libri, degli scrittori, degli intellettuali, ad appuntamenti, creazioni e condivisioni che costruiscono accampamenti militari inaccessibili che si arrovellano sull’arte della guerra senza poi però voler combattere per alcun popolo.
Alla nostra festa non c’erano scrittori, uffici stampa, intellettuali, o altre figure professionali del mondo saputo, ma persone: uomini e donne venuti a partecipare a un evento di narrazione collettiva. Abbiamo sentito bisbigliare qualcuno, lo abbiamo visto sorridere ed emozionarsi, non abbiamo invece sentito commenti come quelli utilizzati da Valentino Bompiani nel 1941. La lingua, finalmente, è stata lingua viva.
Crediamo questo possa essere il percorso che si staglia davanti a noi per i prossimi anni: decrescere, sorridere, rimanere fedeli alle movenze che ci hanno fondato nel 2003. Ricominciare da un gruppo in grado di distinguere l’ozio delle lettere dalle narrazioni di popolo, incontrare i territori senza colonizzarli, porre l’umiltà sempre al di sopra della nostra lingua e dei nostri programmi.
Questo ci hanno insegnato i tre giorni che abbiamo passato in convento, a partire dai laboratori di narrazione che Valeria Pica e Mirco Pierri hanno dedicato alle donne e agli uomini di domani. A quei bambini, innanzitutto, spero TerraNullius abbia lasciato qualcosa. Ma anche la comunità avviata con gli editori che per primi hanno deciso di sostenere questa sfida: Edicola Ediciones, Red Star Press, Hellnation Libri, ReaderforBlind, Bizzarro Books, Radici edizioni, Zona 42. Vivere insieme, anche solo per tre giorni, all’interno del convento di Sant’Antonio, in quel territorio così bello e per certi versi ancora incontaminato dal turismo di massa, è stato incredibile.
Agli autori, curatori e agitatori culturali che sin dalla prima sera hanno animato il "chiostro magico", oltre a Sandro e Amedeo, Roberto Gagliardi, Alessandro Chiappanuvoli, Edoardo Puglielli, Fulvio Angelini, Riccardo Lolli, Giulia Anania, Cristiano Armati, Gianluca Colloca, Paolo Primavera, Luca Marinelli, Vargas, Barbara Summa, e speriamo di non aver dimenticato nessuno. Il tempo che ci avete dedicato rimarrà impigliato per sempre nel respiro di Civitaretenga. Grazie.
Pensiamo alle persone venute per ascoltare il reading concerto di Giulia Anania e le ragioni di Pedro Lemebel, pensiamo al miracolo incompiuto del Castel di Sangro e alle lotte per il pane e la libertà di Pratola Peligna, alla sofferta Statale 17 che conduce proprio a quel convento da ogni dove, pensiamo ai nostri bambini, che sin dal primo giorno hanno cambiato il loro look per indossare le t-shirt “resistenti” di Red Star Press.
Pensiamo a quelle notti, ai nostri DJs che ci hanno fatto ballare alticci, a Marcello aka Millimoi e ancora a Robertò di Hellnation. Pensiamo alla passeggiata guidata da Massimiliano D’Innocenzo: abbiamo percorso insieme le strade scoscese che portano al Ghetto, abbiamo affermato, nuovamente e con forza, che Civitaretenga è la terra delle narrazioni e dell’inclusione. Come non ringraziare allora chi ci ha ospitato con una cura che non ha precedenti: L’Ostello sul Tratturo e il Comune di Navelli. Grazie!
Christ in Concrete venne pubblicato lo stesso anno in cui vide la luce Furore di Steinbeck. Steinbeck verrà insignito del premio Nobel nel 1962, Di Donato tornerà a fare l'operaio in cantiere. Pietro utilizzò la maggior parte dei i diritti d’autore per comprare auto di lusso ai suoi fratelli. Queste sono le narrazioni popolari. Questa è, ancora, dopo venti anni, e per il futuro: TerraNullius.