Epistolario collettivo

Epistolario collettivo


Lettere 1919-1929

144. “Fa’ il saluto fascista.”
“No.”
“Fallo, che ti conviene.”
“No.”
“Da’ retta a noi che ti vogliamo bene.”
“No.”
Così gli hanno spezzato il braccio in un certo modo. Adesso lo ha ingessato e da 40 giorni fa il saluto fascista mentre mangia, mentre dorme, mentre caca e mentre cammina.

152. Vogliate prendere atto che una nuova era è iniziata per il mondo. Vi sia chiaro altresì che non esistono più contadini, bensì lavoratori agricoli. Viva il Duce!

155. …duce, acqua, duce, pane, duce, mosche, duce, cacca…

Lettere 1929-1944
159. Dite che un ragazzo ha cacato strano, che la cacca ha sfondato il tavolo dove era seduto, che è caduta e ha sfondato pure il pavimento. Non sono cose fascisticamente rilevanti; lo capisce pure Properzi che è più fesso di voi. Non sono eventi! Vi rendete conto che questo altopiano fottuto è l’unica isola rossa in tutta l’Italia fascista? Prendete iniziative, mobilitate masse, parlate dell’impero e soprattutto deliberate qualcosa. Deliberate! Non sapete poi che i confinati non possono avere contatti con i locali? Perché avete consentito che, in un raptus di anglofilia, il paese andasse in deputazione – prima dal podestà, poi dai carabinieri; comunque non al castello – per chiedere che il confinato Bonetti impartisse lezioni d’inglese a coloro che vogliono partire? Antenore Peretti, da quando siete sposato, voi siete rimbecillito. Tra l’altro, in cinque anni di matrimonio non avete messo al mondo neppure un figlio. Si può sapere perché?

172. Vincere!
Con riferimento alla pregiata vostra, devo con rincrescimento comunicare che nel paese non c’è più nulla da requisire. Uomini, animali, oro, rame, vettovaglie non esistono più. Non c’è più nulla da requisire.
E vinceremo!

174. L’Aquila non comprende. Il raccolto del grano non è stato soddisfacente per la siccità e per mancanza di manodopera. I terreni prossimi alle zone boschive non sono coltivati e l’anno venturo la superficie coltivata si ridurrà ulteriormente.
Anche il raccolto dell’olio sarà inferiore a quello dell’anno scorso perché le piante, non più potate, inselvatichiscono e gli sfollati, che affluiscono di continuo, danneggiano seriamente le colture.
L’Afflusso di profughi dalle regioni meridionali aggrava la situazione. Prendono Possesso delle case disabitate, dei fienili e delle stalle. Non hanno da mangiare. Molti posseggono solo gli abiti che indossano. Sono abiti estivi e quassù l’inverno è rigido. […]
PS In questo momento aerei bombardano Bussi-Officine.

176. A Navelli non è successo niente. Ninetto quattro soldi su e giù ha rimediato una sberla; poi sono andati da Nicola Properzi e gli hanno dato la notizia.
“Adesso non fare più il buffone, “ gli hanno detto, “togliti la camicia sporca e mettiti a lavorare.”
Così ha fatto. Al tramonto il paese si è riunito al castello e si sono aperte le porte. Mobili e carte sono stati portati fuori e dati alle fiamme, ad eccezione di lire 2.700 prese in consegna dal caposezione del partito socialista, per la vernice bianca che servirà per pulire la faccia di casa Domizi, dato che nulla da mangiare è in vendita.
“Tutto finisce,” ha detto Cerapicone, “anche quel che è eterno.” >>
Sono stati demoliti i fasci di pietra sulle facciate del castello e del municipio, uniche opere pubbliche fatte dal fascismo in vent’anni.
La corriera non passa più e ti mando questo biglietto per il compare Torlone. Siamo senza luce, ma i guai stanno per finire.

179. Il flusso dei profughi è cessato di colpo. Così dritta e deserta, seminata degli oggetti più vari, la strada era il giorno dopo la fiera di Popoli. Per cinquanta metri, a destra e a sinistra, un albero non è rimasto in piedi. Poi improvvisamente si è sentito l’atteso brontolio e tutti hanno guardato a sinistra, dove dovevano sbucare gli americani. Una colonna motorizzata tedesca è comparsa a destra, diretta verso sud. Alle 16 un reparto in divisa kaki è entrato in paese. Alle 16,30 è stata alzata sul castello la svastica e cercato un tipografo.

181. Il paese conta oltre tremila anime come un secolo fa e la situazione alimentare è tragica. Il tifo è endemico e il medico dice che, se non si provvede almeno ad una sommaria disinfestazione, al primo caldo accadrà il peggio. Perciò, signor vescovo, sono a pregarvi di interessare il Vaticano perché invii del disinfettante. Navelli non lo dimenticherebbe. […] Solo l’arroganza nazifascista sembra risvegliarlo da una sorta di etilismo collettivo, nel quale è caduto inspiegabilmente. È comparso il bando di lavoro obbligatorio e molti uomini sono andati in montagna con i partigiani. Ma è lecito sperare? […] Aie e piazze sono piene di cannoni e di camion; c’è perfino una radio trasmittente, e qualcuno ha commentato allegramente:
“I tedeschi hanno portato il progresso!”
[…]

185. Se ne vanno. La strada rifluisce verso nord. I caccia alleati mitragliano e spezzonano, ma sotto di loro la strada non si arresta un momento. Si tirano dietro tutto quello che possono, camion, mandrie, carri colmi di tutto. Soltanto Bussi-Officine non hanno toccato, perché i partigiani hanno fatto sapere che per difendere la fabbrica attaccherebbero su tutto l’altopiano.
I tedeschi pascolano i cavalli nei campi di grano. Sotto ruote e stivali, la terra vicino alla strada sta cambiando colore. È grigia. Domani sarà polvere. Occorreranno trent’anni.

Gian Luigi Piccioli - Epistolario Collettivo

 

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