Bombe poetiche

Bombe poetiche

 

In un evento normale un'esibizione come quella di Mobrini avrebbe concluso la serata, ma il Poetry Slam di Velletri non fu non un evento normale. Infatti, con i presenti probabilmente sovrastimolati dalla performance del Leopardi della Gianicolense, si proseguì in un crescendo di follia poetica che pareva non avrebbe mai avuto fine. Il primo fu Alexio De Gasperi, che decise di unire fotografia e poesia, salendo sul palco con una Polaroid e iniziando a scattare foto al pubblico, accompagnando ogni scatto con un haiku improvvisato:

 

Vecchio co' la barba,

russa come 'n trattore.

Poesia è russà.

 

Ragazzino co' l'acne,

sogna poesie d'amore.

Scoprirà er porno.

 

Signora ingioiellata,

finge d'esse intellettuale.

Sa 'n cazzo de niente.

 

Il pubblico intanto era ormai in uno stato di trance collettiva, qualcuno iniziò a spogliarsi, altri a declamare versi nonsense. Una vecchietta distinta si mise a ballare la breakdance.

La situazione degenerò definitivamente quando un gruppo di poeti futuristi, arrivati in ritardo da Roma, fece irruzione in piazza a bordo di un trattore rubato. Guidati da Alceste Tronchetti, autoproclamatosi Marinetti de noantri, iniziarono a lanciare volantini con poesie dadaiste e a urlare slogan contro la poesia tradizionale.

"Abbasso la sintassi! Viva l'onomatopea!" gridava Tronchetti dal trattore, mentre i suoi accoliti improvvisavano una performance che consisteva nel fare gargarismi con olio di ricino e sputare le parole risultanti su grandi tele bianche.

La confusione era totale. I carabinieri, chiamati per sedare il caos, si trovarono di fronte a uno spettacolo surreale: poeti ubriachi che declamavano versi osceni, pittori che dipingevano con sostanze improbabili, performer nudi che si rotolavano nella vernice.

Il maresciallo Peppino Caciotta, veterano di mille sagre paesane, non aveva mai visto nulla del genere. "Ma che è 'sta caciara?" esclamò sconvolto. "Fermi tutti o v'arresto pe' attentato ar bon gusto!"

Ma ormai era troppo tardi per fermare la valanga lirica. La piazza divenne un campo di battaglia artistico, con fazioni contrapposte che si lanciavano insulti in rima e versi sperimentali.

I futuristi, capeggiati da Tronchetti, avevano eretto una barricata con sedie e tavoli del bar, da cui lanciavano poesie-proiettile arrotolate intorno a noccioline. Dall'altra parte i seguaci di Mobrini rispondevano con sonetti volgari e madrigali sboccati.

In mezzo a questo caos, l'organizzatore Mimmo Er Ciofeca Sforza cercava disperatamente di riprendere il controllo della situazione. Salì sul palco barcollando, col microfono in una mano e una bottiglia di Gotto d'Oro nell'altra: "Signori poeti, un po' de calma! La poesia dev'esse 'na cosa seria!"

Fu accolto da una raffica di pernacchie, pomodori marci e rime baciate. Qualcuno gli urlò: "A Mimmo, la poesia seria è roba da biblioteca comunale! Qui se fa la rivoluzione letteraria!"

Mentre la battaglia infuriava, i giornalisti presenti si davano da fare per documentare ogni aspetto di quella follia collettiva. Il corrispondente de Il Tempo, un giovane praticante di nome Felice Scodella, scriveva freneticamente sul suo taccuino: "Mai vista una cosa simile in tre decenni di onorata carriera! E dire che ho solo ventitre anni e ho iniziato a lavorare la settimana scorsa, ma tant'è. Velletri è diventata l'epicentro di un terremoto culturale che sta scuotendo le fondamenta stesse della poesia italiana. O forse è solo una massa di ubriaconi che fa casino. Difficile al momento definirlo con certezza."

Intanto, la situazione in piazza stava ulteriormente degenerando. I futuristi, non contenti di aver conquistato il palco, avevano iniziato a smontare il monumento a Garibaldi, con l'intento di ricostruirlo in chiave avanguardistica.

"Basta co' 'sti eroi rincojoniti!" urlava Alceste Tronchetti mentre provava staccare un orecchio alla scultura. "Volemo 'n Garibaldi cyborg, co' la spada laser de Guerre Stellari e er cavallo a reazione!"

Dall'altra parte della piazza, Giancarlo Mobrini aveva radunato i suoi fedelissimi per una controffensiva elegiaca. Armati di megafoni rubati a un comizio elettorale, i seguaci del Leopardi della Gianicolense iniziarono a bombardare i futuristi:

 

A Marinetti de sta cippa,

la poesia vostra fa pippa!

Noi semo li veri avanguardisti,

voi solo 'na massa de cazzisti!

 

La risposta dei futuristi non si fece attendere. Guidati da Tronchetti, iniziarono a lanciare verso gli avversari delle bombe poetiche: palloncini pieni d'inchiostro con attaccate poesie dadaiste.

 

                  Zum zum tatatà

                                 La poesia tradizionale perirà

                                                                    Flap flop gurgle splash

                                                                                              Il versoliberismo trionferà!

 

Nel frattempo, Alexio De Gasperi aveva deciso di immortalare quel momento storico con un reportage fotografico. Arrampicatosi sul campanile della chiesa, iniziò a scattare foto a raffica, commentando ogni scatto con haiku sempre più allucinati:

 

Poeti impazziti,

si tirano rime in faccia.

Cultura de Roma.

 

Futuristi nudi,

ballano sulla statua.

Garibaldi piange.

 

Carabinieri perplessi,

non sanno chi arrestare.

Tutti so' matti.

 

Ma il culmine della serata doveva ancora arrivare. Mentre la battaglia lirica infuriava, un nuovo e inaspettato protagonista fece il suo ingresso in scena: Nando Moriconi (un altro curioso caso di omonimia), in arte Monnezza, un netturbino con velleità artistiche che aveva deciso di portare la sua "poesia ecologica" al festival.

Nando arrivò a bordo del suo camion della spazzatura, suonando il clacson a ritmo di endecasillabi. Parcheggiò il mezzo in mezzo alla piazza e, armato di scopa e paletta, diede il via alla sua performance:

 

So' venuto a pulì 'sta poesia strana,

che puzza de stantio e de muffa!

Co' 'sta scopa de saggezza popolana,

spazzerò via le vostre parole di fuffa!

 

Detto fatto, Nando iniziò a spazzare via i poeti, inseguendoli con la scopa e declamando versi sulla nobiltà del lavoro manuale e sulla "poesia der sudore". Il pubblico, ormai completamente fuori di testa, lo accolse come un messia: "Evviva Monnezza! Finalmente 'n poeta che se sporca le mani!"

Già da un po' sembrava che la situazione non potesse andare più fuori controllo di quanto già non fosse, ma mai mettere limiti alle performance artistiche. Poeti futuristi che scappavano da un netturbino invasato, seguaci di Mobrini che declamavano oscenità dal campanile, carabinieri che non sapevano più chi arrestare.

Fu in quel momento che il sindaco di Velletri, il compassato ragionier Gustavo Panzanella, decise di intervenire personalmente. Salì sul palco, afferrò il microfono e, con voce tremante, tentò di riportare l'ordine: "Signori poeti, vi prego! Velletri è una città rispettabile, non possiamo permettere che..."

Non fece in tempo a finire la frase. Una bomba poetica lanciata da un futurista lo colpì in pieno, inzuppandolo d'inchiostro dalla testa ai piedi. Il povero Panzanella rimase lì, fradicio e scioccato, con addosso un foglietto che recitava:

 

                                                               Il sindaco babbeo

                                                                                                           fa un tonfo nel blu

                                                                                             Splash!

 

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. I carabinieri, guidati dal maresciallo Caciotta, decisero che era ora di mettere fine alla follia. Chiamati i rinforzi, iniziarono a rastrellare la piazza, arrestando poeti a casaccio.

"Siete in arresto per disturbo della quiete pubblica, oltraggio al pudore e reati contro la metrica!"

I futuristi si arresero subito, convinti che il carcere fosse l'ambiente ideale per la poesia d'avanguardia, mentre i seguaci di Mobrini tentarono una resistenza, barricandosi nel campanile e lanciando rime oscene agli agenti.

Lo stesso Mobrini fu trovato addormentato dentro la fontana della piazza, completamente nudo, abbracciato a una bottiglia di sambuca ormai vuota. Quando i carabinieri lo svegliarono, li accolse con un sonetto improvvisato:

 

Sbirri de 'sta ceppa, ma che volete?

La poesia nun se po' arresta'!

Potete chiude er corpo 'n galera,

ma 'a metrica libera continuerà a vola'!

 

Alexio De Gasperi riuscì a sfuggire alla retata nascondendosi in un cassonetto, da dove continuò a scattare foto e comporre haiku:

 

Nella monnezza,

l'artista si nasconde.

Che vita de merda.

 

Alla fine, una trentina di poeti finì in manette. La scena in caserma appariva surreale: futuristi che declamavano versi onomatopeici nelle celle, seguaci di Mobrini che improvvisavano sonetti osceni durante l'identificazione, Nando Monnezza che tentava di pulire il pavimento della guardina componendo limerick.

Il maresciallo Caciotta, esausto, si rivolse al suo vice: "Anvedi 'n po', Ceccherini. In vent'anni de carriera ho arrestato ladri, assassini e spacciatori. Ma 'sta manica de poetastri demmerda me sta a fa' usci' matto!"

Il Primo Poetry Slam di Velletri si concluse dunque così, tra manette e verbali. Ma le conseguenze di quella notte folle si sarebbero fatte sentire a lungo.

Nei giorni successivi, i giornali locali e nazionali dedicarono ampio spazio all'evento. Il Messaggero titolò: "Notte di follia poetica a Velletri: Dante si rivolta nella tomba". Repubblica parlò di "Woodstock della poesia italiana", mentre il Corriere della Sera si limitò a un laconico "Boh".

Le conseguenze giudiziarie furono meno severe del previsto. La maggior parte dei poeti se la cavò con una multa e l'obbligo di frequentare un corso di recupero sulla metrica classica. Solo Alceste Tronchetti, il leader dei futuristi, fu condannato a sei mesi per "oltraggio a statua di eroe nazionale", convertiti in appello nell'obbligo di imparare a memoria i Sepolcri di Ugo Foscolo.

Giancarlo Mobrini uscì dalla vicenda come un eroe della controcultura. Il suo poema Appuntamento grottesco co' 'na zoccola all'incrocio Acilia-Dragoncello venne pubblicato da Einaudi, pur se in tiratura limitata, con prefazione di Umberto Eco che lo definì "un capolavoro dell'assurdo, o forse solo una grandissima cazzata, non saprei".

Alexio De Gasperi vinse il World Press Photo con uno scatto della serata intitolato Catarsi lirica a Velletri, che ritraeva un gruppo di carabinieri che arrestava dei poeti nudi mentre sullo sfondo la statua di Garibaldi bruciava.

Monnezza Moriconi divenne una star dei social ante-litteram. I suoi video in cui spazzava le strade di Roma declamando versi sulla "monnezza esistenziale" diventarono virali prima ancora che esistesse YouTube, riversati su videocassette che giravano veloci di mano in mano.

Ma il vero vincitore fu Er Ciofeca Sforza. La sua idea folle di organizzare un Poetry Slam a Velletri lo trasformò in un impresario culturale di fama nazionale. Nei anni successivi organizzò eventi sempre più particolari, come il Campionato del Mondo di Haiku Bestemmiati e l'Oktoberfest della Poesia Dialettale.

Possiamo dunque affermare che il Poetry Slam passò alla storia come uno spartiacque della cultura italiana. Ogni anno, nell'anniversario di quella notte folle, poeti da tutto il mondo si riuniscono in piazza Cairoli per celebrare l'evento con letture, performance e, immancabilmente, qualche rissa letteraria.

E ancora oggi, se passi per Velletri nelle sere d'estate, potresti sentire l'eco lontana di quei versi strafottenti, di quelle rime oscene, di quell'esplosione di follia creativa che per una notte trasformò una sonnolenta cittadina di provincia nel centro del mondo poetico.

Come scrisse Alexio De Gasperi nel suo ultimo, più celebre haiku:

Velletri de notte,

poeti senza mutande.

Seee, questa è arte.

 

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