Fiore che dai papiri egizi ha attraversato la mitologia e le pagine di Omero, Virgilio e Ovidio è arrivato nel 1200 in terra abruzzese e lì è rimasto. Lo zafferano, l’oro rosso dell’Abruzzo e nello specifico dell’Altopiano di Navelli, dal 1971 è stato prodotto e protetto dal lavoro di cooperazione di Salvatore Sarra e altri 46 piccoli produttori, sino a diventare prodotto DOP. Sarà la Cooperativa Oro Rosso, insieme al Consorzio per la Tutela dello Zafferano dell'Aquila DOP, durante la prima giornata della Festa delle Narrazioni Popolari, a raccontare il territorio proprio attraverso i sapori e il lavoro di donne e uomini, insieme allo chef e scrittore Davide Nanni che ha recentemente pubblicato con Mondadori il volume A sentimento. La mia cucina libera, sincera, selvaggia.
Pubblichiamo di seguito un estratto dal volume in attesa di incontrare l'autore il 22 agosto a Civitaretenga, presso il chiostro del Convento di Sant’Antonio da Padova.
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PENSO CHE prima o poi arrivi per tutti quel momento in cui ci si chiede: “Che cosa avrei fatto di diverso se non fosse andata così?”.
Io credo che non avrei potuto fare nient’altro. Mi domando spesso se la mia passione per la cucina sia nata con me o sia cresciuta nel tempo, ma da che ho memoria ho sempre avuto questa “malattia” dei fornelli.
Sarà che ho passato la mia infanzia a Castrovalva, un piccolo paese di quindici persone nel cuore dell’Abruzzo, osservando le mie nonne tirare la pasta e preparare i dolci della tradizione; sarà che quando andavo per boschi insieme a nonno Angelo rimanevo affascinato dai piatti che riusciva a cucinare su un fuocherello improvvisato; sarà che quando ero piccolo i miei genitori decisero di aprire un agriturismo proponendo un menu con i prodotti dell’azienda agricola di famiglia...
Non saprei cosa può essere stato, ma mi piace pensare che il mio amore per la cucina sia un mix di emozioni, esperienze e radici.
Tre ingredienti che mi caratterizzano e che si amalgamano tra di loro a sentimento, proprio come in una ricetta, creando ciò che sono. Mi appartengono così tanto che ho voluto suddividere le ricette di questo libro nei tre momenti della mia vita, quasi a rappresentare un percorso che mi ha portato fino a qui, oggi.
Perché le emozioni fanno parte di me da sempre, da quando andavo per boschi con nonno Angelo, che mi ha insegnato a usare Lillo, il bastoncino “tuttofare” che oggi conoscete in molti; le esperienze all’estero e a Roma mi hanno forgiato, proprio come si forgia il metallo in una
fucina, e mi hanno permesso di scegliere chi volevo essere “da grande”; le radici, invece, rappresentano tutto ciò che ho ritrovato dopo essermi un po’ perso: gli affetti, la mia terra d’Abruzzo e i miei obiettivi di crescita professionale.
E il titolo di questo libro, A sentimento, è la sintesi del mio percorso e del mio essere: ogni sentimento, passato o presente che sia, fa parte di me e mi caratterizza professionalmente e privatamente.
LA MIA CUCINA è a sentimento, perché è lo specchio di tutto ciò ho vissuto e che vivo ogni giorno.
Mi piace prendere la tradizione, smontarla e riassemblarla fortificata:
se impariamo a osservare – e rispettare – la natura e i prodotti che ci regala, ci accorgiamo di quante variabili possiamo mettere in un piatto.
Mi piace contrastare le mode, culinarie e non. Perché dobbiamo proporre la “modaiola” insalatina di finocchio, arancia e olive? Proviamo a reinventare quell’equilibrio di gusto creando un altro piatto!
Mi piace sperimentare sapori di altre regioni o di altri Paesi e adattarli utilizzando ingredienti della mia terra. Del resto, in Abruzzo non esistono solo gli arrosticini!
Tutti i miei piatti raccontano del mio passato, del mio presente e – perché no – anche del mio futuro, e ogni giorno spero che chi entra nel mio ristorante, Locanda Nido d’Aquila, riesca a cogliere questa essenza, a rivivere il mio percorso e a riscoprire la cucina d’Abruzzo con un tocco di innovazione e di anticonformismo.
Voglio che i clienti si sentano a casa, perché per me il Nido d’Aquila è “casa”. È tutto ciò che ha costruito la mia famiglia, prima i miei nonni e poi i miei genitori. È sacrificio. Ci si alza alle 5 di mattina per badare all’azienda agricola, nel mese di novembre si raccolgono le olive con le mani congelate, in inverno ci si dedica a fare i salumi e l’olio, in primavera si preparano i formaggi...
Infatti, la maggior parte degli ingredienti che utilizzo nei miei piatti è di nostra produzione.
Ecco spiegato il motivo per cui, per un certo periodo dell’anno, chiudo il ristorante.
In molti mi dite che dovrei tenere aperto e aumentare i prezzi.
“Perché?” mi chiedo. “Perché devo andare a comprare prodotti di cui non conosco la provenienza?”
Ho scelto di offrire un certo tipo di qualità, e posso permettermi prezzi bassi perché i prodotti sono nostri. C’è una frase che mi piace dire spesso: «Quel cibo nasce, cresce e muore nella pancia delle persone. A Castrovalva». Perché chi viene da me deve provare un’esperienza familiare e unica, deve uscire con il sorriso.
E io mi arricchisco conoscendo tanta gente che la pensa come me, che cerca la felicità nella semplicità e nelle piccole cose, che ragiona a sentimento.
TROVO CHE l’essenza della cucina della mia Locanda sia proprio questa: rispettare il ciclo naturale dei prodotti del territorio, cucinarli con un tocco di innovazione e offrirli alle persone con amore. Ho scelto di vivere in questo modo e mi fa stare bene.
DOPO UN periodo molto difficile, ho iniziato a fare i video “wild” per passare del tempo con papà e per ricordare nonno Angelo, un uomo semplice ma con una ricchezza d’animo che non potrò mai dimenticare. Non pensavo all’onda mediatica, non immaginavo tutti quei like...
Ma se oggi sono qui a scrivere queste pagine è anche merito vostro.
Ecco, forse il mondo social, con la sua costante caccia alla visibilità, ci ha fatto perdere di vista un valore molto importante: l’umiltà.
Credo che ogni chef non dovrebbe mai dimenticare due cose: la prima è che facciamo questo lavoro per rendere felici le persone, la seconda è che senza di loro saremmo dei perfetti sconosciuti.
Non mi interessa avere successo se per ottenerlo devo fingere di essere quello che non sono. Preferisco rimanere così, e leggere lo stupore negli occhi delle persone quando, terminata la cucinata, mi siedo in sala da pranzo insieme a loro per scambiare quattro chiacchiere bevendo il liquore di genziana fatto da noi.
E ANCORA oggi, quando la sera mi metto a letto, mi chiedo: “Ma me lo merito?”.
Mi merito il vostro affetto? Mi merito i vostri complimenti?
In passato tante persone hanno dubitato di me, sia professionalmente sia privatamente. Oggi mi sento più forte, ma non smetterò mai di approcciarmi alla vita in modo umile, cercando di non dare nulla per scontato.
Un mio caro amico, Michael, un giorno mi chiese: «Ma tu, Davide, che chef vuoi essere?».
Ci pensai un po’, poi risposi: «Voglio essere lo chef buono. Voglio che la gente mi apprezzi per come vedo la vita e per come vorrei che la vita fosse».
>> Davide Nanni, A Sentimento. La mia cucina libera, sincera, selvaggia, 2024, ed. Mondadori
>> Festa delle Narrazioni Popolari - Leggi il comunicato stampa