Domandarsi cosa segnali il nastro segnaletico può sembrare sciocco. Eppure rispondere è più difficile di quanto possa sembrare. In assenza di codici o manuali d’uso, il nastro segnaletico ha trovato terreno fertile a Roma, dove è finito per diventare una specie di simbolo o metafora stessa dell’amministrazione comunale, della sistematica deresponsabilizzazione o più in generale del clima di provvisorietà che si respira in città.
Da alcuni anni documento le apparizioni del nastro segnaletico a Roma e no, non lo faccio per senso civico. Quello che mi affascina del nastro segnaletico è che, a dispetto del suo nome, questa sua condanna a segnalare, non sia chiaro in realtà cosa segnali.
A Roma il nastro segnaletico si presta infatti a molteplici scopi:
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Segnalare ipotetici pericoli.
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Impedire l’accesso.
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Indicare una indisponibilità.
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Suggerire percorsi alternativi.
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Dichiarare una presa in carico.
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Aumentare la visibilità di un segnale stradale.
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Mettere in relazione diversi segnali stradali tra loro
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Tenere insieme cose rotte o pericolanti come una specie di bozzolo o bendaggio.
Spesso questi scopi non sono in contraddizione tra loro, bensì coesistono serenamente. Questa indeterminatezza di scopo, questa polisemia, credo sia una delle ragioni della fortuna di cui gode nella cosiddetta città eterna.
Per dirla col linguaggio dei meme, il nastro segnaletico sa solo cosa non è
I paesaggi urbani sono caratterizzati da due tipi di segnali stradali. Quelli orizzontali, tracciati con della vernice sul manto stradale, e quelli verticali, di cui fanno parte tutti i cartelli posti in genere alla sommità di paletti conficcati nel cemento. Il nastro segnaletico strizza l’occhio a entrambe queste categorie. Il suo pattern continuo e la forma lo avvicinano alla prima, i colori e la fisicità richiamano invece alla seconda. Ma se per la segnaletica orizzontale e verticale possiamo parlare di vere e proprie norme disegnate, tutte presenti con le loro belle e univoche descrizioni nel Codice della Strada, in quella fortunatissima pubblicazione del nastro segnaletico non c’è traccia.
Il nastro segnaletico non ha dunque letteratura, manuali d’uso, documenti in regola. Il suo utilizzo è di conseguenza discrezionale e il suo successo come elemento segnalatore sta dunque tanto nell’estro di chi lo applica quanto nelle risorse dell’utente della strada, che in un costante sforzo ermeneutico si chiede “ma qui cosa succede?”.
Un apostrofo bianco e rosso tra la segnaletica orizzontale e verticale
Dal momento che il nastro segnaletico non ha residenza nel lessico amministrativo non esistono nemmeno supporti o dispositivi previsti, certificati, serializzati per accompagnarne l’utilizzo, per esistere deve adattarsi a quello che trova in natura. Pali, fioriere, semafori, panchine, lampioni, pannelli pubblicitari, fontane, cassonetti, ringhiere, vegetazione, pilastri, parchimetri e non di rado altro nastro precedentemente utilizzato. Non avendo una sua forma come un rampicante si ancora a quello che trova. A volte lo si vede intrecciato anche a automobili e motorini parcheggiati, senza distinguere tra proprietà pubblica e privata, in una specie di vertiginoso quanto effimero parkour istituzionale, in una serialità che ricorda quella delle tag dei writer.
Quel vedo-e-non-vedo del nastro segnaletico
Con la sua presenza il nastro segnala tanto l’avvenuto l’intervento delle istituzioni quanto e - forse di più - l’attesa del loro ritorno. Ma fa anche altro. Rende indirettamente visibili tutta una serie di arredi stradali e porzioni di paesaggio che altrimenti non noteremmo, come una specie di anti-evidenziatore che dà visibilità a quello che vuole escludere o mettere momentaneamente da parte.
L’utilizzo generoso del nastro segnaletico e dunque la rinuncia a ogni pretesa di eccezionalità ha però finito per farlo diventare un elemento di arredo tra gli altri, un tratto, un segno, una presenza confondibile nel paesaggio. Sovrapponibile al problema sul quale interviene, in un gioco di rimandi di significanti, è più una sorta di simbolo o metafora della precarietà cittadina e della cronicizzazione dello stato di emergenzialità, e qui mi fermo perché la stucchevole dicotomia decoro-degrado è dietro l’angolo, così come il rischio di passare per un uomo di destra, cosa che ancora non posso permettermi.
Quell’odore di polietilene al mattino
A differenza di un cartello di divieto d’accesso il nastro segnaletico, o meglio il nastro in polietilene bianco-rosso bifacciale non adesivo, può essere acquistato in qualsiasi negozio di ferramenta o anche online copiando e incollando su un motore di ricerca le parole che poco fa ho scritto in corsivo. Si presta bene all’utilizzo civile e di fatto camminando per Roma può facilmente venire il dubbio su chi lo abbia collocato in un certo luogo. Da alcuni anni, però, sulla scia della fortuna del nastro segnaletico, sono nati degli altri nastri segnaletici con i diversi loghi degli enti pubblici romani. L’azienda per i rifiuti ha un suo nastro, la Polizia di Roma Capitale ha un suo nastro, il Servizio Giardini comunale talvolta usa un suo nastro. Quello più diffuso è di gran lunga quello della Polizia di Roma Capitale una volta nota come Polizia Municipale o anche solo Municipale, che si è persino svincolata dai colori bianco e rosso, segno non solo di buon gusto, ma anche del fatto che il grado di pervasività nell’ambiente del nastro segnaletico è così alto che si può rinunciare ai colori canonicamente associati a pericolo e alla cosiddetta alta-visibilità senza mettere in discussione il ruolo dell’oggetto-nastro, qualsiasi esso sia.
Sul futuro del nastro segnaletico
La strada che ci si prospetta potrebbe essere quella di una ulteriore escalation. Credo sia ragionevole attendersi che ognuno dei quindici municipi di Roma si doti di un proprio nastro segnaletico e - perché no - scuole, ospedali, ambasciate, ministeri potrebbero fare lo stesso. C’è spazio poi anche per una maggiore appropriazione civile del nastro, che potrebbe svilupparsi parallelamente a quella istituzionale o persino - cosa che mi auspico - in contrasto a essa. Comitati di quartiere, condomini, associazioni, centri sportivi, negozi, ma anche le stesse famiglie potrebbero sentire la necessità di un proprio nastro al quale affidarsi per intervenire in piccole e circospette porzioni territoriali di loro competenza reale o elettiva, come una specie di stemma araldico da tramandare alle future generazioni. Bello, colorato e con tutta la praticità del formato rotolo.