Chigurh
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Chigurh

I buoni, si sa, sono noiosi. I personaggi cattivi, al contrario, loro sì che sanno intrattenere, appaiono complessi e sfaccettati, sviluppano il significato di bene e male, anche per antitesi, e spesso ci fanno capire come in sostanza si tratti di due definizioni non poi così distanti. Anton Chigurh, antagonista creato da Cormac McCarthy nel romanzo Non è un paese per vecchi, è il terrificante ritratto di un assassino spietato e senza scrupoli che incarna la violenza e il caos delle esistenze umane.

 

Be', uno dice, è solo una monetina. Non ha niente di speciale.

Di cosa potrebbe essere uno strumento? Vedi qual è il problema.

Che si separa l'atto dalla cosa. Come se le parti di un certo momento

della storia fossero intercambiabili con quelle di un altro momento.

 

Siamo abituati a considerare il bene e il male come due entità contrapposte e, nel racconto, letterario o cinematografico che sia, ci troviamo perlopiù di fronte dei villain perfettamente consapevoli del proprio ruolo. A volte tormentati, altre volte compiaciuti, quasi sempre manifestano in maniera esplicita il loro comportamento. A questo schema si sottrae evidentemente Anton Chigurh, l'antagonista di Non è un paese per vecchi.

Il personaggio impassibile creato da Cormac McCarthy infatti si erge come una figura che trascende il ruolo convenzionale del cattivo, incarnando una sorta di forza primordiale, un'entità quasi metafisica che sfida le classiche concezioni di moralità, casualità e significato dell'esistenza. Il fascino di Chigurh risiede proprio nella sua natura enigmatica, visto che di lui sappiamo pochissimo, praticamente nulla del suo passato o delle sue motivazioni profonde. Questa deliberata mancanza di background, lungi dall'essere un limite narrativo, amplifica l'aura di mistero e terrore che circonda il personaggio, che si trasforma così in una sorta di principio filosofico incarnato, un'astrazione che prende forma umana per vagare tra le pagine del romanzo, seminando morte e ponendo domande esistenziali (fine non raro nella produzione letteraria di McCarthy).

 

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La freddezza e l'implacabilità di Chigurh sono i tratti distintivi che immediatamente catturano l'attenzione del lettore, che si trova di fronte a un killer senza apparenti punti deboli e che si muove attraverso la storia con la precisione inesorabile di un meccanismo ben oliato. La sua efficienza nel portare a termine i propri obiettivi è quasi sovrumana, e questo lo eleva a simbolo del caos e della casualità che governano l'esistenza. In un universo narrativo dove le azioni sembrano avere conseguenze imprevedibili, Chigurh emerge come l'agente supremo di questa imprevedibilità, un catalizzatore del caos che sconvolge l'ordine apparente delle cose.

Un elemento centrale nella caratterizzazione del personaggio, elemento che ha catturato l'immaginazione di lettori e critici, è l'uso della moneta per prendere decisioni cruciali. Un gesto apparentemente banale che assume in questi contesti una valenza filosofica profonda, trasformandosi in una potente metafora della natura indifferente dell'universo. La scelta tra testa o croce si trasforma in un atto esistenziale, un momento in cui la vita e la morte pendono letteralmente dal volere del caso e i cui significati diventano, in un certo modo, coincidenti.

Il lancio della moneta solleva allora questioni filosofiche che vanno ben oltre il contesto del romanzo. Se prendiamo per buona l'ipotesi di una rappresentazione della natura indifferente dell'universo, Chigurh in questa prospettiva diventerebbe una sorta di incarnazione dell'assurdo, un essere che ha abbracciato pienamente l'indifferenza cosmica e l'ha trasformata in modus operandi. In alternativa questo rituale potrebbe riecheggiare il concetto nietzschiano dell'eterno ritorno, suggerendo che ogni decisione, per quanto casuale, è destinata a ripetersi infinitamente nel grande ciclo dell'esistenza.

Un'altra interpretazione ci porta a vedere questo gesto alla luce del determinismo causale, dove ogni evento sarebbe in realtà il risultato di una catena infinita di cause ed effetti, e questo piccolo atto all'apparenza innocuo diventerebbe così una sorta di rito paradossale, un'illusione di casualità in un universo rigidamente deterministico. Chigurh, in questo senso, potrebbe essere visto come un agente inconsapevole di forze cosmiche che lo trascendono, un esecutore di un destino già scritto che si illude di poter decidere attraverso il semplice lancio di una moneta.

 

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Un altro aspetto fondamentale del personaggio, che lo rende così inquietante e affascinante allo stesso tempo, è la sua apparente mancanza di paura, sia per la propria vita che per le conseguenze delle sue azioni. Questa caratteristica può essere interpretata in vari modi, ciascuno dei quali apre nuove prospettive sul personaggio e sul romanzo nel suo complesso.

Da un lato questo atteggiamento potrebbe essere visto come un'espressione estrema del nichilismo, dove Chigurh incarnerebbe l'indifferenza totale di fronte a un universo dominato dal caos, e la sua mancanza di paura deriverebbe dalla convinzione profonda che nulla in ultima analisi ha davvero importanza. La vita e la morte, il bene e il male, diventerebbero così concetti vuoti in un universo privo di significato.

Dall'altra parte si potrebbe argomentare che il comportamento di Chigurh riflette semplicemente un'adesione estrema alla legge del più forte, un darwinismo sociale portato alle sue ultime e più estreme conseguenze. Sotto questo punto di vista la sua mancanza di paura deriverebbe dalla convinzione di essere l'apice della catena evolutiva, un predatore supremo in un mondo di prede. Questa interpretazione getterebbe una luce inquietante sul personaggio, un essere che ha trasceso la moralità convenzionale per abbracciare una visione del mondo basata unicamente sulla forza e sulla sopravvivenza.

 

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La questione dell'etica del personaggio è in effetti particolarmente complessa e merita un'analisi approfondita. A prima vista potrebbe sembrare che lui sia completamente privo di un codice morale, visto che le sue azioni paiono guidate unicamente dall'efficienza e dalla casualità, senza alcuna considerazione per concetti come il bene o il male. Tuttavia, un'analisi più approfondita rivela una sorta di etica, seppur distorta, ma comunque un sistema di valori che può essere anche considerato aberrante, eppure in un certo modo sorprendentemente coerente.

Chigurh infatti segue una sua propria logica interna rigorosa, basata sul principio del caso e della necessità. Il suo comportamento, per quanto criminale agli occhi della società, è guidato da una forma di coerenza che potremmo definire "etica del caos". In questo sistema di valori irregolare il lancio della moneta assume allora un ruolo quasi sacrale, diventando l'arbitro ultimo di ogni decisione. Chigurh si sottomette a questo rituale con una dedizione quasi religiosa, accettando il verdetto del fato come una sorta di decreto divino.

Allo stesso tempo, l'affidamento di Chigurh al caso come arbitro ultimo delle sue decisioni potrebbe essere ugualmente interpretato come una negazione radicale di qualsiasi ordine morale, dove il lancio della moneta non sarebbe tanto un metodo decisionale quanto una dimostrazione dell'assenza di un significato intrinseco nelle azioni umane. Il personaggio si trasformerebbe così in un agente del nichilismo più estremo, una figura che nega non solo la moralità convenzionale, ma l'idea stessa che le azioni umane possano avere un valore o un significato al di là della loro mera esecuzione.

Questa visione del personaggio solleva interrogativi profondi sulla natura della moralità e sul libero arbitrio. Se tutto è governato dal caso, se le nostre decisioni più importanti possono essere ridotte a un semplice lancio di moneta, che spazio rimane per la responsabilità morale? Chigurh, con il suo comportamento, sembra suggerire che, in un universo dominato dal caos, concetti come la colpa o il merito perdono di significato. Siamo davvero responsabili delle nostre azioni, o siamo semplicemente pedine in un gioco le cui regole ci sfuggono?

 

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Altro interessante punto di analisi della figura di Chigurh è il suo ruolo come simbolo profondamente dirompente rispetto alla quotidianità e alla vita ordinaria. La sua presenza nel romanzo agisce come un elemento di rottura, una forza che sconvolge l'ordine apparente della società e rivela la fragilità delle convenzioni umane. In un mondo che cerca disperatamente di imporre ordine e significato attraverso leggi, istituzioni e norme sociali, egli emerge come un promemoria inquietante del caos sottostante, dell'imprevedibilità fondamentale dell'esistenza.

Questo aspetto del personaggio si collega a una lunga tradizione letteraria e filosofica che vede nell'irruzione dell'elemento straordinario o sovrannaturale nella vita quotidiana un momento di rivelazione e di crisi. Chigurh, con la sua presenza implacabile e la sua logica aliena, costringe gli altri personaggi, e per estensione il lettore, a confrontarsi con le verità scomode che di solito vengono ignorate o represse nella routine delle vite ordinarie.

Tornando al punto iniziale, Chigurh, a differenza dei villain tradizionali, motivati da avidità, vendetta o altre passioni umane riconoscibili, sembra operare su un piano completamente diverso, e qui verte la sua singolarità. Il suo "male" non è tanto una scelta consapevole quanto una condizione esistenziale, un modo di essere nel mondo che sfida le nostre categorie convenzionali, non solo morali. La sua presenza permea l'intero romanzo, creando un'atmosfera di cupezza, tensione, ineluttabilità e incertezza che riflette perfettamente i temi centrali dell'opera, laddove McCarthy esplora questioni fondamentali sulla natura del male, sul significato dell'esistenza e sul ruolo del caso nelle vicende umane.

La complessità filosofica di questo cattivo fuori scala si riflette anche nel modo in cui influenza gli altri personaggi del romanzo, la sua presenza agisce quasi come una sorta di test morale, costringendo ciascuno a confrontarsi con le proprie convinzioni e a prendere decisioni cruciali in circostanze estreme. In questo senso Chigurh diventa un catalizzatore narrativo, un agente che spinge la trama verso territori inesplorati e costringe i personaggi a rivelare la loro vera natura.

Quello che leggiamo fra le pagine è dunque un enigma irrisolto, un simbolo della nostra incapacità di comprendere pienamente le forze che governano l'esistenza umana. La sua presenza nel canone letterario contemporaneo continua a stimolare dibattiti e interpretazioni, dimostrando la potenza della grande letteratura nel sollevare questioni fondamentali, un mezzo attraverso il quale McCarthy ci invita a riflettere sulla natura della moralità, sul significato delle nostre azioni e sulla possibilità stessa di trovare un ordine in un universo apparentemente indifferente, e non ultimo il confrontarci con le domande più difficili, anche quando le risposte sembrano sfuggirci.

 

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