I «guerriglieri» di Civitella
Featured

I «guerriglieri» di Civitella

I «guerriglieri» di Civitella

Non sono neanche le nove che vedo, con meraviglia, giungere al comando di Taverna Nova un altro gruppetto di civitellesi. Dopo un intero giorno a buttar parole al vento, forse ora il commissario Bucciar e gli inglesi ci ascolteranno.
Ma ecco che vedo spuntare anche don Alessandro. Non sono venuti per le armi allora, è quell’infido che li ha tratti qui per tenere il podestà al suo posto, e con lui i suoi affari. Mi lancia un sorriso.
«Salve, Achille!»
«Per te sono don Achille Gattone.»
«Quanto ci tenete a quel don! Ma non sono questi i titoli che guarda nostro Signore…»
«Non è neanche il titolo che interessa a te!»

La neve caduta ieri, nella notte, s’è ammucchiata come l’ha soffiata il vento. E a mucchi stiamo noi ad aspettare: ogni gruppo, una richiesta da un paese diverso. Riconosco qualcuno di Gesso e Torricella. Di Civitella, noi venti per reclamare un aiuto militare e i fedeli di don Alessandro, ignari, a pregare che il controllo del paese resti in mano al nipote dei conti Baglioni. Come se i tedeschi guardassero chi comanda, prima di farci la pelle. Poi l’arciprete s’avvicina a tre donne e indica loro di tornare indietro.

L’attesa è snervante. Nicola Di Guglielmo, che da qualche giorno insiste a farsi chiamare Nick Williams, è il più irrequieto. Ciccio Di Lullo e Luigi D’Orazio, invece, stanno più composti; vogliono dare a vedere d’essere loro i capi. E Luisa, mia moglie, che sa un po’ d’inglese, fa la spoletta tra il nostro capannello e i militari a guardia del comando. «Le richieste sono tante» dice «e stamattina, prima dell’alba, sono stati paracadutati altri centocinquanta soldati: si devono ancora organizzare.»

È alle undici che capiamo. Di gran passo arriva un altro folto gruppo di civitellesi, sono decine e decine. Superarci in numero per avere ragione: questo l’ordito di don Alessandro. Ma dal comando, sebbene ogni tanto qualche graduato s’affacci cauto a vedere la situazione, ancora niente. L’inerzia ammacca più del freddo.

E mentre col gruppo ci stiamo dividendo per pranzo un tozzo di pane e un ritaglio di carne essiccata, ecco che da Civitella vediamo divampare immense fiammate: sono i tedeschi che rinnovano opera di saccheggio e distruzione mentre il paese è vuoto. È il panico. I più, insieme a don Alessandro, riprendono la strada di casa per tornare dalla famiglie, Nick inizia a bestemmiare, a dare di matto, Ciccio e Luigi a fatica lo tengono. Io afferro Luisa per un braccio e mi precipito nel comando. Devono sentirci! Senza gli inglesi ogni resistenza è inutile!

Invece, ci rimpallano ancora da un comandante all’altro. L’unico che sembra darci retta è un certo Forman, ma pure lui tentenna. Così trascorre altro tempo. Dico ai miei di tenersi pronti, ma già lo sono, fremono. È all’una che qualcosa si muove. Un paio di dozzine di uomini s’approntano davanti al comando. Arrivano anche degli automezzi. In breve, siamo tutti in marcia.

Giungiamo alle porte di Civitella quando l’ultimo Krupp-Protze sta lasciando il paese per tornare a Lama. In un lampo, più della pioggia che ha preso a cadere battente, scateniamo su tedeschi una tempesta di colpi. Quattro restano a terra. Gli altri scappano per i campi. Sul camion troviamo una mitragliatrice, cinque fucili, varie munizioni e un carico di biancheria razziata che in serata restituiamo ai proprietari. Ora, anche noi, abbiamo qualche arma.

Ma è all’alba del 7 dicembre che bagnamo col sangue il nostro battesimo. Sappiamo che si vendicheranno, così li attendiamo a un chilometro da Selva, appostati sulla curva dove hanno tracciato la loro linea di difesa. Arriva un intero battaglione. Noi siamo una trentina in tutto, venti sono inglesi. Ci hanno dato altri fucili, e pure bombe a mano.
Ne strappiamo alla vita ventinove. I feriti vengono portati via da quelli che riescono a scappare.
Quando lo scontro è finito, ci abbracciamo con gli inglesi come fosse la notte di Capodanno. Tiriamo fuori vino e frutta, li rifocilliamo, ci rifocilliamo tutti. Doniamo loro il poco che abbiamo, qualche foto, un coltellino, una bisaccia, in ricordo di Civitella e dei suoi volontari, che oggi, e per sempre, saranno celebrati come guerriglieri.
Ma lungo è il sentiero della libertà. In cuor nostro lo sappiamo, e però tacciamo per non rovinare il momento. Dobbiamo organizzarci, strutturare una catena di comando, fare attacchi, sabotaggi, ricacciare indietro il nemico, oltre la Maiella. E per farlo, dobbiamo liberare Lama dei Peligni.

Related Articles

Piena fiducia

Piena fiducia

Solo che qui ci sono i nomi

Solo che qui ci sono i nomi

A Walter One

A Walter One