La prima volta che la incontrai stava in piedi all'angolo tra via Bertini e via Signorelli, con un barattolo di vetro trasparente tra le mani. Era una donna minuta, con i capelli grigi raccolti in una treccia disordinata e un vestito blu sbiadito che sembrava fatto di cielo vecchio.
"Cosa sta facendo?" le ho chiesto, incuriosita dal modo in cui teneva il barattolo sollevato verso l'alto, come se cercasse di catturare la luce.
"Raccolgo il silenzio," ha risposto, senza guardarmi. "Questo è particolarmente prezioso. È il silenzio che viene subito prima del tramonto, quando anche gli uccelli si fermano a riflettere."
Ho riso, pensando fosse uno scherzo. Ma lei ha svitato il coperchio del barattolo e me l'ha porto. "Ascolta."
All'inizio non ho sentito nulla. Del resto, non mi aspettavo niente di diverso.
"Non così," mi ammonì lei. "Non devi pensare sia una cosa stupida, altrimenti non riuscirai mai a percepirlo."
Feci un sospiro e avvicinai nuovamente il barattolo all'orecchio. Non sentii niente. Poi, lentamente, come se qualcuno stesse sintonizzando una radio invisibile, iniziai a percepirlo: un silenzio diverso da qualsiasi altro avessi mai sperimentato. Denso come miele, ma leggero come piume. Sapeva di rugiada e di stelle morenti.
"Come è possibile..." ho iniziato, ma lei mi ha posto un dito sulle labbra.
"I silenzi sono timidi," ha sussurrato. "Se parli troppo forte, scappano."
Da quel giorno, ho iniziato a seguirla nelle sue spedizioni di raccolta. La signora Eleonora - così si chiamava - aveva una casa piena di barattoli, ognuno etichettato meticolosamente con data e tipo di silenzio. C'erano silenzi raccolti in chiese abbandonate, silenzi di biblioteche a mezzanotte, silenzi di cimiteri all'alba. Alcuni barattoli contenevano silenzi così antichi che l'etichetta si era fatta sbiadita e appariva praticamente illeggibile.
"Questo," mi disse un giorno, mostrandomi un barattolo particolarmente antico, coperto di polvere, "è il silenzio che è calato sulla città quando è morto l'ultimo poeta della scuola dei romantici."
La guardai dubbiosa. "Ma non possibile, parliamo di quando... dell'Ottocento, al massimo dell'inizio del Novecento. Lei non era ancora nata."
"Non ho detto di averlo raccolto io. Mi è stato donato."
"Da chi?"
"Da colui che raccoglieva i silenzi prima di me."
"E come fa a essere certa che appartenga proprio a quella persona e non a un'altra?"
Mi guardò con uno sguardo pieno di tenerezza. "I silenzi parlano, se sai come ascoltarli."
Col tempo ho però imparato che aveva ragione. Ogni silenzio aveva una sua voce distintiva, una sua inflessione particolare. Ad esempio il silenzio di una casa appena abbandonata sapeva di polvere e rimpianti, mentre quello di una stanza d'ospedale all'ora delle visite aveva il gusto metallico della speranza e della paura mescolate insieme.
Ma il più prezioso della sua collezione era conservato in un minuscolo barattolo di cristallo blu, tenuto separato dagli altri in una elegante teca di vetro.
"Questo," mi disse un giorno, dopo mesi che la seguivo nelle sue spedizioni, "è il silenzio che precede una parola d'amore mai detta."
"Come ha fatto a catturarlo?"
Ha sorriso, un sorriso pieno di rughe e segreti. "L'ho portato con me per cinquant'anni, prima di riuscire a metterlo in un barattolo."
Ho percepito allora come la sua non fosse una semplice collezione, ma più un archivio di momenti perduti, di parole non dette, di vite sospese tra un respiro e l'altro. Ogni barattolo conteneva un frammento di tempo cristallizzato, un momento che non sarebbe mai più tornato.
Un giorno, entrando in casa sua, trovai tutti i barattoli aperti. I silenzi si erano mescolati nell'aria, creando una sinfonia di assenze. La signora Eleonora era seduta nella sua poltrona preferita, gli occhi chiusi, un lieve sorriso sulle labbra. Sul tavolino accanto a lei c'era un barattolo nuovo, con un'etichetta fresca d'inchiostro: il silenzio dell'ultimo respiro.
Lo presi con cura e lo ascoltai. Dentro c'era la pace, il mistero, l'accettazione. C'era il suono del tempo che si ferma e ricomincia. C'era lei.
Ora sono io quella che cammina per le strade della città piena di barattoli, cercando di catturare momenti che scivolano via come acqua tra le dita. Ho imparato che i silenzi più preziosi sono quelli che portiamo dentro di noi, quelli che non possono essere davvero catturati o conservati, ma questo non significa che non bisogna inseguire le storie non raccontate, le possibilità non esplorate, gli attimi di vita sospesi nel tempo e nell'aria.
E forse, un giorno qualcuno si fermerà accanto a me mentre tengo un barattolo verso il cielo, e mi chiederà cosa sto facendo. E io gli mostrerò come ascoltare il silenzio.