Consigli per una vita instagrammabile
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Consigli per una vita instagrammabile

 

 Arrivando a Pisa, in Piazza dei Miracoli, ci accorgiamo come ormai la Torre sia diventata un elemento complementare. I turisti – italiani o stranieri, indifferentemente – sono poco interessati al monumento in sé. Scattano qualche foto solo per dovere. Quello che cercano è l'immagine della persona che, attraverso la prospettiva, finge di bloccare la pendenza della Torre con le sue braccia. Naturalmente la persona in questione che appare mezza stupida non siamo certo noi, è qualcun altro, di qualche altro gruppo, da inquadrare da una posizione che dimostri l'idiozia di una foto piuttosto ridicola e ormai banale. Noi invece sì che siamo intelligenti, e appena possiamo facciamo tutti lo stesso scatto per postarlo sui soliti social, andando a partecipare a uno sguardo emulativo che ci rende privi di significato.

Diciamo la Torre di Pisa per comodità, ma potrebbe essere qualsiasi altro posto. Non esiste più il concetto di mondo fisico, non è l'oggetto, il luogo in sé che ci interessa, ma il fatto di essere lì a testimoniarlo, attraverso una nostra rappresentazione del reale che pensiamo individuale ed è invece più standardizzata di una calamita con la torre pendente da attaccare al frigorifero.

Ma tutto sommato non è una cosa nuova, giusto una sorta di tag, una firma con lo spray su un muro scrostato, un graffito su una caverna. A noi che ci crediamo più avveduti piace pensare così, quando invece è solo un diverso simbolismo mediatico che prova a nascondere le tenebre che ci attanagliano.

Si potrebbero fare molti discorsi sul perché ormai conta più come si appare di come si è realmente, di come i social abbiano modificato il nostro modo di rapportarci al mondo e alle persone, ma sarebbero discorsi inutili. In fondo non è sempre stato così? L'uomo come animale sociale non è mai stato diverso da questo, sono cambiati solo i mezzi tecnologici ed è aumentata la platea di riferimento. Abbiamo migliaia di nuove serie tv da guardare ma gli archetipi narrativi sono gli stessi da migliaia di anni.

Scattare la foto a un piatto è più importante di sapere che gusto ha, fare il video di un concerto è più importante che vivere le canzoni. I vecchi peti se ne lamentano in continuazione, come se prima dei social network le persone passassero il loro tempo a disquisire del senso della vita e della relazione fra spirito e materia, senza capire che la tecnologia può anche progredire – come è ovvio che sia – ma l'animo umano resta sempre lo stesso, vanitoso, fatuo e ruffiano.

Cambia il senso dei luoghi, dei monumenti, persino delle esperienze individuali che si vorrebbero uniche e al medesimo tempo collettive, ma forse banalmente non le vogliamo più solo individuali perché abbiamo paura della solitudine, non per niente uno dei sentimenti più antichi che esistano.

Nascono persino locali, musei – non luoghi e fieri di esserlo – dove si trovano solo “contenuti” per i social. Non espongono nulla se non set studiati per immagini da condividere. Passeranno di moda, come sono passati di moda i negozi di sigarette elettroniche e i barbieri hipster.

Alla fine instagram – ma ovviamente vale per qualsiasi social con le minime differenze dovute alla modalità comunicativa e all'età dell'utenza media – è soltanto l'equivalente di una vecchia soap, di una rivista di gossip, vedi quello che succede agli altri e passi un'ora, due, e intanto ti distrai dalla tua vita senza speranza. Anche qui, cambia solo il media, i reel delle storie paiono più vivi delle foto di una volta rubate ai vip (più o meno, ma questo è un altro discorso). Sembra succeda di tutto, e invece non succede niente. Impegniamo il tempo e dopo non abbiamo la forza per andare oltre. Ma anche questa non è una novità.

 

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