Andrea ha sedici anni e nessuno si aspetta che in camera sua ci sia un ordine da catalogo IKEA. L’adolescenza è una specie di gap spazio-temporale capace di stravolgere qualsiasi legge della natura. Io da ragazzo avevo una montagna di vestiti sporchi dietro la porta della mia camera che non si riusciva nemmeno a entrare. Quella di Andrea era off-limits. Sulla porta aveva avvitato un bel cartello stradale di divieto. Quando l’ho visto ho preso atto che, nonostante la millantata repulsione per i lavori manuali, mio figlio sapeva usare l’avvitatore. Per un padre è anche motivo d’orgoglio avere un figlio un po’ vandalo e un po’ puzzone, fa parte dei requisiti animaleschi del maschio insieme al sesso, all’alcol e qualche altro piccolo gadget esistenziale. Per una madre è diverso, lei è prima di tutto una donna e quindi l’intero universo deve stare sotto il suo controllo. Va bene il rispetto della privacy ma un’occhiatina ogni tanto sotto il materasso, nei cassetti e dietro l’armadio è doveroso.
Quando entra in casa Laura non guarda ma scannerizza come fosse la scena di un crimine, figuriamoci la camera del figlio adolescente del suo nuovo compagno. Senza contare che Andrea, secondo il suo punto di vista, dovrebbe stare con la madre. Un motivo ci sarà se vuol stare con me, dico io.
Il più delle volte mentre io cerco di minimizzare lei mi incalza con la lista dettagliata di quello che ha trovato in camera sua: avanzi di patatine, croccantelle al formaggio e paprika, mozziconi di panini riavvolti nella stagnola, succhi di frutta gocciolanti, fonzies, bucce di banana rinsecchite, tranci di pizza.
“Cristo, non vedi che porcile!? Sei tu che devi prendere in mano la situazione” mi incalza. E come darle torto d’altronde. “Devi evitare lo scontro diretto, però. Non fare come l’altra volta” mi aveva ammonito.
In effetti la volta che mi ero incazzato e che gli avevo sequestrato il cellulare poi avevo alzato le mani, lui si era vendicato con il taglierino sulla mia giacca preferita. No, non mi ero piaciuto. Non è da me comportarmi così. Per la sua stanza il compromesso stabiliva l'impegno a mantenere il minimo sindacabile dell’igiene. Che non ci fosse odore di topo morto, insomma.
A parte gli episodi di cui sopra Andrea è sempre stato un ragazzino particolare, molto riservato e a modo, ma sua madre non è mai riuscita ad avere feeling con lui e così, dopo la separazione, è venuto a stare per lunghi periodi da noi fino al trasferimento definitivo.
All’inizio tutto regolare poi il buio totale. Giornate intere chiuso in camera ad ascoltare musica e a leggere; poi mangiare solo germogli, semi e verdure; poi solo carne cruda e pizza e infine solo schifezze ma di marca. Alto, magro e pallido con le labbra sottili ma d’un rosso acceso sembrava più un vampiro di Twilight che un adolescente. Io non mi preoccupavo più di tanto. Più che altro ero curioso di vedere che razza di farfalla avrebbe prodotto quel bruco indisponente. La vera impresa era mediare con Laura. Mi toccava mettere d’accordo le sue richieste, più che legittime, con i bisogni naturali di un figlio in divenire poco comprensibili però a lei che di suoi non ne voleva.
Con Andrea cercavo un dialogo e ritornavo spesso sul tema del buon senso: “Se lasci in giro materiale organico poi quello si decompone, puzza, si creano muffe, colture di batteri, arrivano le formiche che chiamano le blatte, poi i topi... Ma non lo senti l’odore? Ormai non sei più un bambino. Svuota il cestino, mi raccomando.”
Ecco, su quel “mi raccomando” Andrea ciondolava la testa in segno di assenso. Si sarebbe certamente impegnato a fare come dicevamo noi. “È solo che, sai sono stanco, mi dimentico, poi tutta questa puzza che dite voi io non la sento. E comunque quella è la MIA CAMERA!”
Un muro di gomma insomma. E poi diciamocelo, trasgredire abusando di marshmallow è sempre meglio che l’ecstasy! Nonostante tutto il terrorismo psico-sanitario che facevamo, Andrea continuava a infischiarsene. A scuola non dava problemi, ogni tanto usciva con qualche amico, (altri pallidi non morti) e per quello che ne sapevamo noi non si drogava e non beveva. Ovviamente faceva buon viso a cattivo gioco ma d'altronde, se non fai esperienza a quell’età, quando la fai? Com’è che si dice? L’adolescenza è una partita a poker dove si punta al buio. Hai avuto le tue carte, quello che potevi fare l’hai fatto, non resta che rilanciare.
Secondo me l’unica cosa sensata era tenere la giusta distanza e lasciarlo bollire nel suo brodo primordiale. La situazione sembrava migliorata ma dopo un paio di mesi Laura ritornò all’attacco:
“Hai visto che occhiaie? Ti sei accorto che ha ricominciato con gli avanzi? Hai visto cosa c’è in camera sua?”
Lei entrava quando lui era fuori casa, non toccava nulla, solo apriva i cassetti e scansionava.
“Sei tu il padre. Devi fare qualcosa” continuava a ripetermi.
Ora quello che sto per raccontare potrebbe sembrare incredibile ma non è nient’altro che la pura verità. Nemmeno io, se non l’avessi visto con i miei occhi, ci avrei mai creduto.
Una notte non riuscivo a dormire. La pizza di Laura continuava a lievitarmi nello stomaco e così mi alzai per andare a bere. Feci piano per non svegliare nessuno però nel silenzio assoluto sentii degli strani rumori provenire dalla camera di Andrea; una lama di luce sbucava da sotto la porta di camera sua. Pensai che anche lui non avesse digerito la pizza e mi avvicinai. Stavo per bussare quando sentii un gemito profondissimo. Un genitore non dovrebbe origliare né sbirciare ma qualche volta le cose arrivano da sé. Il volume era basso ma era evidente che in quella stanza c’era qualcuno che stava facendo sesso. Di certo si guarda un porno, dissi tra me e me. Ecco cosa si rischia a lasciare il cellulare in mano ai ragazzi, pensai. Ok, moralismi a parte però eravamo d’accordo che, di notte il wi-fi si stacca e i telefoni tutti in carica nello studio. Non solo il suo ma anche i nostri, per par condicio. Scesi in cucina, e mentre mi scolavo la bottiglia appoggiato al frigo pensavo a come avrei dovuto comportarmi per il porno. Anch’io da ragazzo ne avevo visti. All’epoca non erano così accessibili come oggi ma era nella norma per l’età. Più che altro mi bruciava il fatto che Andrea non avesse rispettato la regola del cellulare-non-in-camera-di-notte. Entrai nello studio per avere la conferma della mia ipotesi ma il telefono di Andrea era al suo posto, in carica accanto al mio e a quello di Laura e il wi-fi era staccato. E allora cos’era quel gemito?
Insospettito ritornai nel corridoio e mi fermai immobile davanti alla sua porta. Non un respiro, non un rumore finché sentii distintamente la voce di Andrea sussurrare “adesso girati e non fiatare”. Era un ordine perentorio. Lui così timido, così dimesso. Eppure era la sua voce, ne ero sicuro. Chi si era portato in camera? Di nuovo la sete mi bruciava la gola. Vedere mio figlio che si accoppiava non era proprio tra i miei programmi per la serata ma prevalse il senso di responsabilità: in quanto padre avevo il dovere di appurare la verità. Avvicinai un occhio alla serratura e guardai. Una ragazzotta piuttosto in carne stava carponi sul letto. Era completamente nuda. La pelle scura, i capelli neri come gli occhi che lampeggiavano sulle labbra rosse sembrava la rappresentazione della lussuria. Lui in mutande in tutto il suo pallore più che altro ricordava un lampione a luce alogena un po’ fuori moda. Teneva una mano sul pacco e nell’altra reggeva un libro. Cercai di distinguere il titolo ma era troppo distante. Lui la prese per i fianchi e la sculacciò un paio di volte. Più che un preliminare sembrava un esperimento scientifico per nulla eccitante. La fece girare, le toccò una tetta. Lei lo lasciava fare ma senza alcun trasporto. Sorrideva languida e attendeva passiva il prossimo comando. Mi venne in mente la concubina di un harem un po’ annoiata. Andrea riprese ad accarezzarla ma dopo un attimo si fermò come se la cosa non gli desse il piacere sperato. Raccolse il libro e iniziò a leggere a bassa voce. Con la mano libera gesticolava compiendo ampi cerchi nell’aria. Ora che si era un po’ avvicinato alla porta riuscivo a vedere meglio la copertina: era rappresentato un corvo con un occhio fiammeggiante e il becco spalancato mentre il titolo era scritto in caratteri runici o roba del genere. Occultismo, stregoneria? Non riuscivo a credere ai miei occhi. Andrea stava compiendo una specie di rito. Mentre lui leggeva la ragazza sul letto mutava le sue forme. Gli sorrideva languida contorcendosi tra le lenzuola ricoperte da marshmallow, patatine e avanzi di panino con la nutella. Ecco a cosa gli servivano quei resti. Mentre lui pronunciava parole incomprensibile, gli avanzi sparivano e lei dimagriva, si allungava, come in una danza da contorsionista. Perse almeno una taglia di reggiseno, i capelli si arricciarono diventando lunghi e rossi mentre la carnagione si schiarì di colpo.
Non ho mai amato l’esoterismo né la new age; non ho mai creduto alla magia ma quello che stava succedendo oltre la porta di mio figlio aveva del miracoloso.
A un certo punto Andrea si fermò ad ammirare il risultato ottenuto. Le girò attorno, le sorrise soddisfatto e lei ricambiò seduttiva nascondendosi tra le lenzuola. Allora lui si tolse gli occhiali, li appoggiò tra le pagine aperte del libro e spense la luce sul comodino. Non vedevo più nulla, restava l’audio ma preferii allontanarmi desolato.
Avere a disposizione tutte le donne del mondo e fare sesso fino allo sfinimento. Il sogno erotico di qualunque ragazzino; beato lui, pensai. Poi venni assalito da una strana forma di inadeguatezza. In qualità di adulto e genitore sarei dovuto intervenire. Avrei dovuto interrompere quell’orgia, mettere paletti ben saldi su quello che si può o non si può fare. Avrei dovuto… ma ritornai a letto facendo attenzione a non svegliare Laura. Lei dopo la pizza dorme benissimo. Mi sembrava tutto così assurdo ma in fondo ero contento per Andrea. Aveva trovato un modo forse un po’ bizzarro per realizzare le sue fantasie adolescenziali. Mi venne in mente me stesso a quell’età e chiudendo gli occhi partì un film in bianco e nero come se fossi al cinema e rividi Moana, Cicciolina e le altre dive che popolavano le riviste ai miei tempi. Cercai di scacciarle via ma c’era qualcosa di tenero in quel ricordo. Travolto da una pace carica di desiderio mi addormentai sognando di fare sesso libero da ogni tabù e preoccupazione. Sognai il poster di Patsy Kensit con la spallina abbassata, Gloria Guida nei film con Lino Banfi…
Forse anche i sogni sono fatti di materiale organico che va nutrito e i miei lievitarono fino all’alba.