Ogni storia ha i suoi punti cardine, ogni racconto i suoi riferimenti originari. All'interno di questi parametri, Codice Sorgente è una rubrica che vuole rappresentare la mappa essenziale ma ragionata di un testo, attraverso le parole del suo autore.
PISTA DI ATLETICA
È una frase classica che ogni scrittore ha detto almeno una volta presentando un suo libro: “i luoghi sono parte integrante della storia, un vero e proprio personaggio”. In questo caso è la pista il vero luogo-non luogo al centro di tutto. Ma a forza di girare forte, sempre più forte, la vicenda grazie alla forza centrifuga scappa di mano e vola via, ma sempre in controllo, gli atleti devono stare in controllo.
Le piste del mondo sono tutte uguali più o meno, rosse o blu, alcune verdi, in genere otto corsie, fondisti e mezzofondisti ne utilizzano solo un paio, ma sempre 400 metri, 200 quelle indoor che in Italia sono pochissime. I percorsi fuori strada variano a seconda della morfologia dei territori. Ad esempio è un grande classico allenarsi in montagna, quindi su tratti che presentano ondulazioni, salite e discese, serve a rinforzare la muscolatura. Può variare l'altitudine, allenarsi in altura da problemi al momento, ma benefici in seguito. Si tratta di mettere il corpo in difficoltà affinché reagisca e si attrezzi. Si tratta di inventarsi ostacoli da superare in allenamento per essere più forti il giorno della gara, quel giorno lo hai costruito giorno dopo giorno con metodo e sacrificio, la gara può essere un incubo oppure una liberazione.
Ma le piste sono il centro di tutto, sempre identiche, che si corra a Milano come in Sud Africa, è in pista che si compiono gli allenamenti più intensi e specifici.
COGNOME E NOME
Nelle classifiche funziona così. A scuola funziona così (anche se le scuole le ho frequentate pochino), nei militari, presumo, quando ti chiamano al Pronto Soccorso. Quasi mai insomma in situazioni completamente piacevoli. Sei sempre un po’ messo in riga se viene prima il cognome, c’è qualcosa di impersonale, un distacco.
ATLETI AFRICANI
Pare siano più forti in quasi tutti gli sport nei quali la fisicità deve esplodere alla massima potenza e resistenza, la faccenda non è chiarissima, ma sembra essere un’evidenza non bene circostanziata scientificamente.
Seregni Claudio, il protagonista di Acido lattico, è fascistoide, ma li odia anche per ragioni molto pratiche: vanno più forte e gli fregano i soldi dei montepremi alle gare. In realtà odia tutta l’umanità.
CRONOMETRO
È la verità.
In atletica i numeri sono tutto, nel libro dico che una gara venuta bene non è mai felicità. Al massimo è un momentaneo allenamento della tensione. E sono soprattutto i report del cronometro a separare il bene dal male. In atletica un tempo su una distanza racconta ancora di più addirittura del piazzamento. Stabilisce la cilindrata del motore dell'atleta. Dire che è spietato è banale, possiamo dire che almeno è sincero. E non è poco.
DOTTORI E PREPARATORI
La triade classica: atleta, allenatore, medico. Oggi si è aggiunta una figura che al tempo in cui scrissi Acido lattico, quindici anni fa, non esisteva: il mental coach. Ma le dinamiche psicologiche tra atleta e team hanno sempre avuto ovviamente un grande peso nelle performance atletiche.
Spesso gli allenatori vengono descritti come secondi padri. I rapporti personali tra un atleta e un preparatore che gli somministra farmaci dopanti, pure. Presumo possano essere profondi. In Bestie da vittoria, il libro autobiografico del ciclista Danilo Di Luca, vengono ben definiti.
VITA D'ATLETA
La giornata è regolata dagli allenamenti che per un atleta evoluto sono almeno due al giorno. È una piccola gabbia volontaria. L'atleta non dorme, recupera. Il termine “scorciatoia” è fuori luogo se accostato al doping, le sostanze vietate sono impiegate per fare e recuperare allenamenti più intensi, servono a scongiurate infortuni e usure organiche. Un atleta non può concedersi troppe variabili, le giornate sono molto simili. Un maratoneta può arrivare in allenamento a 250 km alla settimana.
Seregni Claudio ha scelto di essere un atleta, ovvero, non ha scelta, è l'unica cosa che sa fare, correre, accetta di buon grado tutte queste restrizioni. Per un grande risultato è disposto a fare una piccola vita.
SOSTANZE
Va detto che Acido lattico fu scritto nel 2007, il rischio poteva essere di non risultare più attuali. In realtà a quanto pare le sostanze utilizzate sono praticamente rimaste invariate, non sono al corrente di nuove sostanze, si continua a parlare di steroidi anabolizzanti, GH (ormone della crescita), eritropoietina.
È cambiata la modalità di assunzione, oggi si parla di “microdosi” come escamotage per non risultare positivi ai controlli. Si tratta di sottoporsi a piccole e frequenti assunzioni di queste sostanze, l'organismo ha degli input importanti ma dopo poche ore non sono più rilevabili. Un delitto quasi perfetto. Quasi, nel senso che oggi ci sono metodi molto raffinati che analizzano i valori ematici, riservati però agli atleti d'élite. Oggi si parla di passaporto biologico e steroideo, di “whereabouts” (gli atleti professionisti devono indicare una propria residenza in ogni momento dell'anno, per essere nel caso sottoposti a controlli a sorpresa e fuori competizione). Il termine “microdose” mi affascina, suona come qualcosa di minimo, trascurabile, un dettaglio.
FALLIMENTI
So scrivere solo di falliti e fallimenti. Gli atleti luminosi, i vincenti, non mi interessa raccontarli. Certo, anche la carriera di un campione olimpico ha i suoi inciampi e una parabola discendente, anche il vaso più prezioso ha delle crepe. Io mi occupo per lo più di crepe. Se posso le allargo o mi ci calo, tipo speleologo.
ETICA
Nei miei libri sembra non essere in cima alle mie preoccupazioni, invece credo ci sia come sottofondo un'etica laica, l’unica etica che riconosco in me è un antifascismo endogeno connaturato alla mia natura. Acido lattico è scritto per persone che danno per scontato che il doping è merda, ma con una scrittura in prima persona faccio entrare il lettore nelle logiche distorte dell’io narrante che si racconta, mentre vive le sue storture. Se scrivo di assunzione di anabolizzanti, come quando ho scritto di eroina, non scriverò mai che non è sano utilizzarli, altrimenti avrei sottotitolato “E grazie al cazzo”. La banalità, l'ovvio, in narrativa dovrebbe essere reato penale. Tutti i miei personaggi sono sul filo della follia, è un escamotage per evitare flussi di coscienza scontati.
OSSESSIONE
Sta alla base di ogni mio scritto, senza una ossessione, sembra che la vita scivoli via, serena, ma superficiale, senza sensazioni forti, una vita in corsivo, e non in grassetto.
Insomma, ascrivo le ossessioni a qualcosa di positivo, in determinate condizioni, poi certo la faccenda può prendere una brutta piega e assumere forme patologiche e pericolose. Ma tenere il punto può essere un'arma quando scrivi un libro, a tenerti alla larga da un generico buonsenso. Mi interessa soprattutto quando l’ossessione declina in dipendenza.
Acido lattico, Oligo Editore, 2023