Leggi qui la prima parte, Il tocco
7. L'acquario
«Chi è?»
«Sono io, nonno» apro il portone a Giacomo, con un piccolo acquario in mano, della stessa dimensione di una scatola di scarpe, e una busta col manico infilato fra le dita.
«Buongiorno nonno, guarda che ti ho portato. È da molto tempo che intendevo regalartelo.»
Aggrotto le sopracciglia. Non capisco quale sia il senso di questo suo gesto.
“Marta, come mai Giacomo mi ha portato l’acquario?”
«Nonno, mi fai entrare? È abbastanza pesante.» Mi osserva. Non capisco per quale motivo.
«Buongiorno, sì, certo, entra e poggialo sul tavolo.» Piomba nella cucina, con le mascelle strette per paura che gli caschi dalle mani. Intravedo che comincia a scivolargli dalla sua stretta.
Lo appoggia, fa un sospiro di sollievo e con la busta in mano, sbattendo di qua e di là, si gira e fa: «Nonno, ti voglio bene.»
Il suo sguardo, i suoi occhi azzurri mi sorridono, anch’io sorrido, gli angoli della bocca mi si sollevano e gli zigomi pronunciano una marea di solchi, di rughe alle estremità degli occhi. Mi scende una lacrima e s’incanala in uno dei solchi più profondi. I primi segni all’apice della mia gioventù.
Giacomo piegando l’indice lo avvicina allo zigomo e con il dorso del dito cattura la mia lacrima che ho versato per lui, per la gioia di avere un nipote così caro a me.
«Nonno, non piangere.»
Fisso il colore dei suoi occhi e penso a Marta. Presto sarò in cielo. Provo nostalgia per mio nipote. Neanche Giacomo parla, c’è silenzio a tal punto da crearsi una sintonia tra ciò che è vecchio e il giovane, instaurandosi nel mezzo un equilibrio tra i due estremi.
Un abbraccio. Cado tra le sue braccia e mi sento un bambino. Giacomo, più alto di me, esile, magro, ma con una forza, un’energia che mi avvolge sentendomi protetto.
Mentre si allontana le sue mani mi sfiorano le braccia dolenti, ossute. Mi prende per le mani sussurrandomi: «Nonno, riempiamo l’acquario?»
Si gira verso l’acquario, il suo naso all’insù come mio figlio, il viso squadrato, i capelli castani ondulati che gli cadono sulla fronte. È identico a mio figlio quando aveva sedici anni.
“Amore mio, il nostro nipotino.”
«Va bene Giacomo, solo che manca il pesce.»
«Oddio, il pesciolino rosso ce l’ho in questa busta. Nonno, spero che non sia morto.»
Sorrido. «Stai tranquillo, non è successo niente. Prendilo, voglio vederlo.»
Poggia la busta sul tavolo, gli rimangono i segni del manico sulle dita, non ci fa caso e in tutta fretta estrae la bustina trasparente con all’interno un pesciolino rosso che fa fatica a nuotare nell’acqua in uno spazio angusto. Prende anche il mangime.
«Nonno, non si è fatto niente.» Tira un sospiro di sollievo.
«Te l’ho detto.»
In tutta fretta, apre il tiretto della cucina, prende la brocca e la riempie d’acqua. Mentre versa tutto nell’acquario cadono gocce d’acqua sul pavimento.
“Non importa, tanto asciugherà.”
Dopo aver versato l’ultima brocca d’acqua, la poggia nel lavandino, apre la bustina e fa scivolare nell'acquario il pesciolino rosso, grande quando il pollice di una mano.
Insieme, guardiamo il pesciolino che nuota felice e libero nell’acquario preparato con amore. La ghiaia sul fondale, con un alberello simile a una palma e fili d’erba che ondeggiano come in un prato soffiati dal vento. Un piccolo masso di pietra nell’angolo rialzato dal fondo con sotto una specie di galleria rivestita di muschio.
Mi giro verso Giacomo e lo accarezzo. Sono felice.
«Grazie Giacomo.»
Lui si gira e mi sorride. «Nonno, non devi ringraziarmi, non è niente in confronto a quello che mi dai tu.» I nostri sguardi s’incrociano e per un attimo vedo te, Marta. Mi sento confuso, mi è sembrato proprio di vedere il tuo viso su quello di Giacomo.
Non capisco…
8. Oscar
«Nonno, nonno… tutto bene? Sei strano» fa mio nipote con le sopracciglia aggrottate, non capendo a cosa stia pensando. «Che c’è?»
«No, tranquillo, niente» gli rispondo con un tono di voce pacato per tranquillizzarlo.
«Nonno, dobbiamo attaccare la spina dell’acquario.» Si china verso l’angolo della stufa dove c’è la doppia presa. Inserisce la spina e all’interno si accende una lampadina verde che dà all’acquario una tonalità di colore naturale, di speranza.
Incantevole il contrasto di colori venutosi a creare. Il pesce di un rosso acceso nuota, sbatte le pinne come un petalo rosso che si stacca dal papavero spiccando il volo, aleggiando su un vasto campo verde dove spiccano i colori delle pietre, delle margherite e dei papaveri. Meraviglioso!
Giacomo prende un pizzico di mangime e fa scivolare tra le dita i granelli nell’acqua. Scendono uno a uno nell’acquario. E il pesciolino nuota come una trottola intorno alla cascata di cibo.
Mi siedo, è piacevole guardare mio nipote mentre nutre il pesciolino rosso.
Giacomo si gira verso di me. «Nonno, è un pesce rosso particolare, appartenente alla famiglia dei ciprinidi, è una specie mai esistita prima in natura, in quanto è il risultato di un incrocio tra altre specie.»
Mi aspettavo che cominciasse prima a dare una spiegazione sulla natura del pesce. Per Giacomo in tutto c’è una dimostrazione, tranne in quei casi in cui non ci sia un elemento misurabile. La fisica, la biologia, la matematica sono le uniche verità, sono tutto per lui.
Continua aggiungendo: «Ci sono diverse teorie sulle specie incrociate; alcuni dicono che derivi dall’ibridazione di un ryukin e un fantail rosso, altri invece da una carpa crucian e da un ryukin mutato. Non importa quale sia la teoria giusta. Nonno, è bellissimo! Guarda la sua coda biforcuta, è lunga quanto il suo corpicino piccolo e snello. Nonno, è troppo bello! Per te va bene se lo chiamiamo Oscar?» I suoi occhi sorridono, capisco che a lui piace molto questo nome.
«Per me va bene.» Si china verso di me e mi abbraccia stretto a lui.
«Sapevo, nonno, che sarebbe piaciuto anche a te. Mi siedo anch’io.»
Tira la sedia sotto il tavolo e si accomoda. Ci ritroviamo seduti l’uno di fianco all’altro con l’acquario davanti a noi, come se guardassimo un film.
Allungo il braccio sulle sue spalle e lo avvicino a me, si appoggia col viso sul mio petto vecchio, sussurrandomi: «Nonno, ti voglio bene.»
«Anch’io, Giacomo, ti voglio un mondo di bene.» Lo bacio sulla fronte, alza lo sguardo e nei suoi occhi intravedo un luccichio che solo l’amore può donare.
Per un po’ il silenzio culla i nostri cuori. Finché non squilla il telefono. Giacomo scivola tra le mie braccia e si alza dalla sedia.
«Nonno, dove sta il cellulare?» Il suono della chiamata non smette.
«Non mi ricordo dove l’ho lasciato» dico.
Il telefono continua martellante a suonare, Giacomo lo trova sul pavimento all’angolo del portone, lo prende e proprio quando sta per rispondere smette di squillare.
Preme il pulsante verde e visualizza la chiamata di Andrea.
«Nonno, è papà.» Ripreme il pulsante verde e al primo squillo risponde: «Giacomo, quando torni?!»
«Sì papà, arrivo» fa mio nipote mentre osserva il soffitto con gli occhi spalancati.
«Giacomo, muoviti che dopo dobbiamo andare a fare quel servizio.»
«Papà, quale servizio?»
Mio figlio tentenna come se si fosse accorto che io ascolto, allora fa: «Dopo ti spiego.»
Fa sempre il misterioso, non vuole mai scoprire i fatti suoi. Pazienza, è pur sempre mio figlio e gli voglio bene.
Andrea chiude la chiamata, Giacomo poggia il telefono sul tavolo e fa: «Nonno, devo andare».
Rimango seduto. «Stai tranquillo, vai e stai attento.»
Si avvicina alla mia guancia, mi dà un bacio sussurrandomi: «Nonno, ci vediamo dopo, quasi dimenticavo. Qui ho lasciato un mio scritto, domani devo consegnarlo a scuola.»
«Sta qui sul tavolo.» Lo prendo e glielo passo.
«Grazie nonno, l’hai letto? Dopo ne parliamo e mi dici che ne pensi. Ora devo andare.» S’incammina verso l’uscita, apre il portone. «Ciao nonno, a dopo» lo chiude e io sorridendo gli rispondo: «Sì, Giacomo, a dopo!»
Ora siamo rimasti in due, Oscar, vero?! Appoggio la punta di un dito su una parete dell’acquario e seguo tutti i suoi movimenti mentre nuota.
Caro Oscar, sei il regalo più bello che potessi avere.
Già mi manca tanto mio nipote, spero che torni presto, così ci confronteremo sui diversi punti di vista riguardo al tema.
Il più delle volte tra una frase scritta e una spiegata a parole c’è una bella differenza. Devo dire però che c’è anche un lato quasi magico, una semplice frase scritta è capace di fondersi con lo stato d’animo di chi la legge, venendo interpretata in infiniti modi.
Può essere che io abbia interpretato male lo scritto di mio nipote? Non so.
Se fino a ieri ero sempre d’accordo con Giacomo su tutti i concetti della vita, dell’esperienza, dell’evoluzione, da questa mattina non più.
“Grazie a te Marta, Amore mio, che mi hai fatto scoprire l’unica e sola verità: l’amore.”
Ora che torna Giacomo, non mi permetterò di contraddire le sue idee, altrimenti non esisterebbe la libertà dell’individuo. Ognuno è libero di fare, di esprimere, di vivere al meglio la sua libertà senza che l’altro o chicchessia ostacoli la sua vita. Non viviamo una vita individuale ma collettiva. Chi toglie un pezzo di libertà a un altro, toglie anche a se stesso. Libertà, emozioni, sentimenti appartengono a tutti; povero e ricco, ladro e barbone, malato e sano, giovane e vecchio. Siamo tutti la vita.
Inizia di nuovo a mancarmi il respiro. Mi alzo e mi faccio un altro po’ di ossigeno.
Un getto d’acqua improvviso parte dall’acquario e vedo Oscar sul pavimento che sobbalza freneticamente, agitandosi con tutto il corpo e le pinne. Guardo la sua bocca aperta, mi chino per afferrarlo e lo rimetto nell’acqua. Torna a nuotare libero, finché non si ferma in una posizione laterale, fissandomi, con l’occhio sporgente tondo. Sento nelle gambe un mancamento improvviso. Cado sul pavimento, disteso. Il respiro mi è sempre più debole. Una lacrima mi scivola dal viso e cade a mezz’aria senza toccare il pavimento.
Lo scorrere delle lancette del tempo si è fermato. Oscar non mi sta fissando, tutto intorno a me è fermo, immobile.
“Marta, sto arrivando.”
Intravedo un piede, alzo lo sguardo: “Amore mio.”
Mi sorride, con un viso illuminato da una luce bianca, allunga il braccio e mi prende per mano, Mi alzo e vedo il mio corpo disteso sul pavimento. Le lancette del tempo ricominciano a scorrere e Oscar non è più immobile, bloccato dal tempo, nuota libero. Lo spazio intorno a me scompare lentamente, si dilegua nel nulla. Mia moglie alza lo sguardo al cielo e di fronte a noi si apre un varco a spirale con galassie, stelle che girano intorno a noi e una luce bianca accecante ci avvolge.
“Massimo, Amore mio, andiamo.”