Se potessi rispondere a tutti i perché, sarei un uomo felice, invece d’immaginarla solo la felicità. Io la felicità me l’immaginavo come un giglio che spuntava dal battiscopa della cucina. Chissà perché un giglio, invece di una rosa, o di un tulipano.
Era un impiegato statale che si occupava di archivi catastali, ma la sua vera passione erano le schede telefoniche. Non si considerava un collezionista qualunque, di quelli tanto per, ma un collezionista che misurava la propria esistenza attraverso il numero di esemplari posseduti.
Parlo di mio padre, ma parlo anche di me, di ciò che mi ha trasmesso. La passione per i film, anche se non si definiva un esperto di cinema, per quello ci vuole di più, ci vuole lo studio. Purtroppo non ho avuto occasione di fare quello che bisognerebbe fare coi film, guardarli, ma ne ho sentito parlare, soprattutto da lui, anzi, solo da lui.
Ogni mattina la chiesa davanti a casa mi butta giù dal letto alle otto e trenta in punto. Da ormai due anni ho smesso di mettere la sveglia poiché ci pensano le campane. E la vita dei vicini, che siano quelli del pianerottolo di destra, con i bambini, sia quelli del pianerottolo di sinistra, che fanno l’amore di continuo.
Nascosto dietro la jeep ribaltata tendo le orecchie e aspetto. Il vento spazza la terra dura. Riecheggiano scoppi, lontani. Ho la gola in fiamme, gli occhi che lacrimano. Il mio piede sanguina. Gocce scure si staccano dallo squarcio sul tallone, scivolano tra le dita, ricadono a terra. Formano piccoli solchi che paiono simboli.
Lo Sfregiato timbra il cartellino in uscita e fa per andarsene, ma avverte la guancia destra bagnata. Si tasta con le dita: sulla cicatrice c’è pus. Torna nel capannone e usa il bagno. Il gabinetto è minuscolo e sudicio dopo la giornata di lavoro. Si lava le mani e tampona la vecchia ferita con due fogli di carta igienica imbevuti d’acqua.
Una nota clinica privata ha iniziato a sperimentare l'ennesimo dispositivo rivoluzionario, capace di misurare con esattezza quasi matematica la quantità di sofferenza umana. Nei test di laboratorio viene chiamato informalmente Orologio dei Sospiri, anche se si lavora già a un nome più accattivante in vista del lancio sul mercato.
Marta si era adeguata al fidanzato e aveva trasformato il proprio aspetto per sembrare più grande, perché non era bello uscire la sera e sentirsi dire “il tavolo è pronto, suo padre la sta aspettando”, oppure essere giudicata dai coetanei che la guardavano con aria di riprovazione.